A decorrere dal 15 giugno 2019 tutti i veicoli immatricolati nell’UE devono essere dotati di un tachigrafo intelligente (articolo 8 del Regolamento UE n. 165/2014).

Il nuovo strumento non è solo la testimonianza di un progresso tecnologico costante, nella fattispecie dimostrato dall’adozione di strumenti in grado di rilevare “a distanza” la corretta attività dei conducenti sul rispetto dei tempi di guida e di riposo; è purtroppo anche la riprova di una forbice sempre più accentuata fra doveri/obblighi a carico delle imprese di autotrasporto e diritti, in primis quello alla sopravvivenza, di un settore che, almeno nel nostro Paese, deve quotidianamente far fronte a ritardi ormai cronici in materia di certezze del credito, attese al carico/scarico e costi di esercizio non riconosciuti.

Quindi se da una parte l’autotrasporto, ai fini del miglioramento della sicurezza stradale, subisce sempre più controlli, adempimenti, tecnologia, sanzioni repressive ecc… dall’altra, ottiene in cambio un mercato che non rispetta le regole, infrastrutture inadeguate se non addirittura pericolose e l’indifferenza di un sistema che provoca sia disaffezione, sia una vera e propria “sindrome di accerchiamento” alimentata da autorità di controllo che, nell’autotrasporto, puntano solo a fare cassa.

E in questo paradosso quotidiano si colloca ora anche il tachigrafo intelligente: per farlo funzionare  mancano ancora le carte di azionamento per costruttori e centri tecnici (tanto da doverle comprare in altri Stati); per l’autotrasporto mancano i conducenti, e un numero sempre maggiore di mezzi è bloccato nei piazzali.

In grande sintesi si può affermare che il tachigrafo intelligente segue la logica razionale di una maggiore sicurezza stradale ma che anche il tachigrafo, in un mercato privo di regole, dovrà fare i conti con vecchie le inadeguate logiche, violazioni di legge e cannibalizzazione del mercato che, con l’intelligenza, hanno ben poco a che fare.

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